PRIMO TIMIDO GESTO DI SOLIDARIETÀ FRA ZOLFATAI
Potrà
sembrare incredibile che la parola della più terribile e frequente disgrazia presente
nel mondo zolfifero della fascia centro-meridionale dell’Isola è stata ignorata,
nel suo tragico verbo che la indica, nel grande Vocabolario Siciliano in cinque
poderosi volumi dei proff. Piccitto e Tropea.
Ancor
maggiormente inconcepibile appare l’uso della parola “zolfataio”, molto comune
nel nostro mondo minerario, che non si trova nei comuni vocabolari della nostra
lingua. Infine, quasi per caparbietà, ho consultato persino Il Grande
Dizionario della Lingua Italiana in XXI vol. di Salvatore Battaglia, che di
ogni parola riporta l’uso che se ne fa nelle opere letterarie. Ebbene
finalmente l’ho trovata: essa è citata in una Gazzetta Ufficiale del 1967 nella
quale si trattava della gestione straordinaria della Sezione Autonoma Zolfatai
nella Provincia di Agrigento…
Si può pensare
a casuali dimenticanze, ma non lo sono sicuramente: il nostro mondo del passato
a noi prossimo ci lascia delle tracce ancora vive, ma esse sono in fase di
dissolvimento continuo, particolarmente fuori dell’area mineraria.
Gran parte
della Sicilia è quasi un altro mondo, lontanissimo dalle tre Province minerarie
di Agrigento, Caltanissetta ed Enna; similmente ritengo che nelle altre ci
saranno delle predominanze linguistiche e sociali che noi ignoriamo del tutto.
È raro che
oggi il verbo scacciàrisi possa
essere usato nel senso originario di perdere la vita sotto uno smottamento
sotterraneo, tutto al più ci si può schiacciare un dito, un piede e peggio
ancora perdere la vita perché finiti sotto da un pesante mezzo meccanico.
Non molti decenni fa il tipico verbo si adattava spropositatamente
persino in solenni giuramenti, come quello arcinoto agli attempati, spesso
sulla bocca di un anziano villarosano che quasi ad ogni occasione se ne usciva
con l’espressione di conferma di quanto si era appena detto: “Sull’anuri di ma figlia Marì… scacciàrisi
ma figliu Jachinu sutta na valata…”. [I nomi sono di pura fantasia]
Era pure
frequente nella mia prima giovinezza sentire proferire imprecazioni pesanti del
tipo: “Ti putìssitu scacciari!”.
In diversi
post è stato citato il già nostrano verbo: il vecchio che impersonava San
Giuseppe nell'omonima Tavola, per far capire che di cibo non ne poteva più ingerire,
tornava a ripetere, impropriamente direi, ad ogni insistente invito: “Mancu si mi scacciu!”: perché era sazio
abbastanza e la sua pancia purtroppo non era bisaccia per future provviste.
Nell’altro
post, “La vita per un fico secco”, a “scacciarisi”
sotto uno smottamento di materiale grezzo misto a venature di zolfo è proprio
un carusu di pirrera, stroncato agli
inizi della sua umana esistenza.
Com’è
risaputo a quel tempo non esisteva nessuna forma d’assistenza o di sussidio
alla famiglia colpita da un incidente mortale o da invalidità permanente, così si
sfociava nella più estrema delle miserie materiali: le mogli andavano a fare le
criate e i ragazzi i carusi di pirrera, che per pochi
centesimi al giorno riempivano giù e portavano su alla luce del sole, dall’alba
al tramonto, stirratura colmi di
materiale.
Mentre da
noi la realtà procedeva in tal modo, nel mondo occidentale sorgevano le prime organizzazioni
di rivolta al fine di attutire un po’ le sofferenze dei vari popoli soggetti a
tali assurde sofferenze; queste miravano a una più moderna visione sindacale
che prevedesse contributi da parte di Enti Statali, Comunali, degli industriali
e degli stessi lavoratori, finalizzati al miglioramento di vita della società
tutta.
Solo nel
1903 in Villarosa i lavoratori delle miniere, per lenire al minimo la miseria
più nera, interamente a spese proprie, cercarono di darsi una timida mossa di
solidarietà, creando la “LEGA DI MIGLIORAMENTO TRA OPERAI E ZOLFATAI”.
Contribuivano a formare questo patto
unicamente gli stessi dipendenti col contributo mensile di 50 centesimi se si
trattava di operaio, e 25 centesimi se “caruso”: ben poca cosa, perché né Stato,
né Comune, né datori di lavoro contribuivano con fondi aggiuntivi a impinguare quella
cassa.
Tanto
risultò solamente come gocce d’acqua sul deserto.
Dell’esistenza
di tale Statuto non ebbi notizia fino al 1999, quando l’anziano amico non più
tra noi, signor Giacomo Fratantoni, cultore di patrie memorie, non mi concesse
in visione per lettura e per copiarlo il succitato documento. Dello stampato originale
di questo non ho ovviamente notizia, ma io ritengo doveroso diffonderne una
pubblica copia perché rimanga in giro nel nostro ambiente storico-sociale per i
vari cultori che oggi ci sono e spero che in avvenire continueranno a trovarsi.
Come ho più
volte affermato il mio obiettivo non è tanto quello di scrivere per porsi al
centro dell'attenzione, ma per lasciare tracce storiche nel futuro.
A tal
proposito ho un’idea vaga relativa al suddetto Statuto, scritto per i
disastrati lavoratori, ma certamente non da qualcuno di loro. Temo proprio che sia stato un contentino per
calmare gli animi esasperati dei molti sofferenti in giro e da notizie
provenienti da luoghi lontani dove le garanzie di migliore esistenza avanzavano
d’anno in anno.
Una
collaborazione in proposito è sempre gradita, pertanto invito chi ha qualche
idea in proposito da approfondire e confrontare, è pregato di esprimerla.
Per avviare
ogni discorso in proposito allego, per il momento, il Programma introduttivo al
contenuto dello Statuto.
Anticipo che
quale Presidente della Lega di Miglioramento si firma tale G.Milano e come Segretario della stessa Raimondo D’Alù.
Appena
riavvieremo il discorso in merito, farò in modo di offrire, a chi lo chiederà,
copia dello Statuto, per far sì che questo Documento non vada perduto, come si
sta perdendo gran parte della cultura mineraria.
INTRODUZIONE
ALLO STATUTO
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L’epoca che
attraversiamo è delle più scoraggianti, due grandi forze con accanita lotta si
contendono il terreno palmo a palmo, e sono i capitalisti esercenti le miniere
di Zolfare, e gli operai lavoratori nelle stesse.
Or siccome nelle
amministrazioni l’operaio zolfataio col suo faticoso lavoro, andando incontro
di momento in momento alla morte più disgraziata viene malamente retribuito, e
possibilmente avvilito ed umiliato, di fronte a questo stato di cose, la
libertà dei tempi gli dice di non restare indifferente, svegliarsi e togliersi
dall’apatia che per tanti anni lo ha reso umiliato.
A questo scopo in
ogni nazione Civile del mondo, si è sollevata una voce che dice allegatevi o
fratelli operai.
Una lega che
sorge, solamente per il benessere morale ed economico dell’operaio deve essere
rispettata da Dio e dalla legge, poiché da tutti è saputo che l’unione fa la
forza.
Ritenuto quanto
sopra si è detto, è dovere morale che ogni operaio delle Miniere concorra con
la sua opera a crescere e sostenere la concentrazione della Lega di
Miglioramento, poiché con questo solo mezzo non si può essere sfruttati ed
umiliati, ed ogni altra via non sarebbe né onesta né utile.