venerdì 7 ottobre 2016

QUELLE 5000 LIRE CHE NEGAI


Tantissimi anni fa quando ancora insegnavo, sempre nel plesso “Silvio Pellico” ma in altra classe diversa dalla mia, vi frequentava un alunno che io sapevo orfano d’ambedue i genitori e che viveva con la nonna vedova.

Ero certo che, a parte l’affetto genitoriale, non gli mancava sicuramente l’essenziale.

Il bambino gradiva la mia umana attenzione ma non mi chiese mai qualche specifico oggetto, né qualche monetina per i suoi naturali piaceri o per ovvi modesti bisogni confacenti alla sua tenera età.

Un pomeriggio m’incontrò fuori, s’avvicinò, salutò e mi chiese 5.000 lire, che a quel tempo era una notevole sommetta, che incideva non poco sul modesto stipendio di ogni ordinario dipendente statale.

Gli chiesi cosa volesse comprare di così costoso e mi rispose che egli era stato ricoverato in ospedale e che i medici dimettendolo gli avevano consigliato di bere acqua minerale.

A quel tempo l’uso di questa non era consueta come può esserlo oggi, salvo casi particolari, come di certo poteva pur essere quello del ragazzino. La somma richiesta però la ritenevo eccessiva: secondo me tutta quella riserva d’acqua in numerosi fardelli avrebbe occupato di per sé un bel po’ di spazio nella loro angusta abitazione.

In primo momento volevo ridurgli la somma a sole 1000 lire, ma lo esclusi subito perché volevo accertarmi ulteriormente in merito al motivo dichiaratomi: temevo, e ne avevo ben ragione, che il ragazzino fosse vittima di qualche mascalzoncello e che sotto sotto ci fosse qualche immaturo caso di bullismo infantile, frequente nelle classi, compresa la mia e in strada.

Eccezionale era la richiesta ma straordinariamente incredibile fu la conclusione: pochissimi giorni dopo appresi che il ragazzo aveva raggiunti gli Angeli in Cielo, dove acqua e soldini di certo non servivano più.

La notizia mi straziò l’anima e provai intimamente un pizzico di colpevolezza per quella imprevedibile fine.

Non avrei concluso granché con la mia abbondante e incerta carità, ma avrei risparmiato all'animo mio quest’altro rammarico, che si aggiungeva al dolore per la perdita immatura del ragazzo, già abbastanza provato da tanti dolori, principalmente dalla crudele precoce dipartita dei suoi genitori.


A oltre trent'anni da quell'imprevedibile evento, nel mio animo resta ancora una piccola ferita che pur non essendo sanguinante, ha lasciato un incancellabile segno: tant'è che ancora ne parlo con viva sofferenza.

6 commenti:

  1. caro professore il suo racconto ha straziato il cuore anche a me, che a causa della mia malattia sono diventato sensibile a queste cose. ma caro professore, la causa della morte del bambino non è dovuta alla mancanza di acqua minerale, pertanto Lei non dovrebbe avere nessun senso di colpa.La ringrazio sempre per i sui scritti che invia sul mio diario. una buona giornata , i miei omaggi alla professoressa ed un saluto aii suoi figli

    RispondiElimina
  2. E' così ma i mali estremi fanno immensa pietà.

    RispondiElimina
  3. I tuoi racconti sono sempre graditi...ed è sempre bello leggerti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, Giacomo; i tuoi lavori di certo non scherzano.

      Elimina
  4. I tuoi racconti sono sempre graditi...ed è sempre bello leggerti

    RispondiElimina
  5. Caro Prof. , la sua sincerità e generosità d'animo sono un insegnamento X tutti noi, di certo la colpa non è stata sua, ma la storia è straziante!

    RispondiElimina

Cerca nel blog

Lettori fissi

Archivio blog