domenica 6 marzo 2011

GIUFÀ E L’ASINO CHE SPARIVA E COMPARIVA

Si sa, Giufà era fatto così, cioè a modo suo. 
Ma non c’è da fare molti sforzi per immaginarlo perché in fondo egli è sempre vivo e i suoi fratelli, nostri contemporanei, sono costantemente in giro.  Non per niente si dice che la madre degli sciocchi è sempre incinta. 
I Giufà di oggi hanno frequentato la scuola e magari hanno imparato a leggiucchiare. Il Giufà dei nostri racconti era analfabeta puro; quello della nostra storiella non faceva eccezione, ma sapeva ben contare fino a dieci, quante erano le dita delle sue mani.
Un ricco
burgisi, riconoscente del fatto che Giufà aveva liberato il territorio dai pericolosi banditi, lo assunse nella sua masseria affidandogli lavoretti semplici ma di fiducia.
Un giorno che il padrone era impegnato in altre faccende, incaricò Giufà d’andare alla fiera d’un paese un po’ lontano per comprargli dieci asini.
Giufà partì a piedi di notte per essere di buon mattino al mercato e qui riuscì, eseguendo pedissequamente le istruzioni del suo principale, ad acquistare tutti e dieci gli asini.
Stanco morto com’era salì in groppa di quello che gli dava più affidamento in quanto a forza e resistenza, quindi riprese la via del ritorno.
Stanco della nottataccia passata a camminare si appisolò qualche istante sempre stando a cavalcioni sul somaro e sognò che gli rubavano gli asini. Si svegliò di soprassalto e cominciò a contarli. Conta e riconta e il risultato era sempre quello: gli asini erano nove!
Disperato scese giù dall’asino e si mise a piangere disperato. Poi datosi conforto un po’, rifece la conta con le dita e il risultato fu di dieci questa volta. Ricontò ancora ed erano sempre dieci.
Felice riprese il cammino in groppa al solito asino.
Il dubbio e la paura di perderne sempre qualcuno l’indusse ad un nuovo accurato controllo: maledizione! Erano di nuovo nove.
Rifece i conti un’infinità di volte, ora cominciando dal primo e poi ricominciando dall’ultimo, ma le bestie risultavano ogni volta nove…. nove…  sempre nove.
Si buttò a terra disperato; bagnò la polvere con le sue lacrime e infine contò per l’ennesima volta e con grande sollievo gli asini ritornarono ad essere dieci.
Saliva ed erano nove scendeva ed erano dieci. Non si sapeva capacitare della stranezza del fatto che un asino scompariva e poi ritornava, allora prese la ferma e brillante decisione di rimanere a terra per non perdere nessun asino.
Così il povero Giufà con dieci asini a disposizione, esausto, avvilito e trafelato, si rifece a piedi, ancora una volta, la strada verso la masseria.

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