QUELLE 5000
LIRE CHE NEGAI
Tantissimi anni fa quando ancora insegnavo,
sempre nel plesso “Silvio Pellico” ma in altra classe diversa dalla mia, vi frequentava
un alunno che io sapevo orfano d’ambedue i genitori e che viveva con la nonna
vedova.
Ero certo che, a parte l’affetto
genitoriale, non gli mancava sicuramente l’essenziale.
Il bambino gradiva la mia umana
attenzione ma non mi chiese mai qualche specifico oggetto, né qualche monetina
per i suoi naturali piaceri o per ovvi modesti bisogni confacenti alla sua
tenera età.
Un pomeriggio m’incontrò fuori,
s’avvicinò, salutò e mi chiese 5.000 lire, che a quel tempo era una notevole sommetta,
che incideva non poco sul modesto stipendio di ogni ordinario dipendente statale.
Gli chiesi cosa volesse comprare di
così costoso e mi rispose che egli era stato ricoverato in ospedale e che i
medici dimettendolo gli avevano consigliato di bere acqua minerale.
A quel tempo l’uso di questa non
era consueta come può esserlo oggi, salvo casi particolari, come di certo poteva
pur essere quello del ragazzino. La somma richiesta però la ritenevo eccessiva:
secondo me tutta quella riserva d’acqua in numerosi fardelli avrebbe occupato
di per sé un bel po’ di spazio nella loro angusta abitazione.
In primo momento volevo ridurgli la
somma a sole 1000 lire, ma lo esclusi subito perché volevo accertarmi ulteriormente
in merito al motivo dichiaratomi: temevo, e ne avevo ben ragione, che il
ragazzino fosse vittima di qualche mascalzoncello e che sotto sotto ci fosse
qualche immaturo caso di bullismo infantile, frequente nelle classi, compresa
la mia e in strada.
Eccezionale era la richiesta ma
straordinariamente incredibile fu la conclusione: pochissimi giorni dopo
appresi che il ragazzo aveva raggiunti gli Angeli in Cielo, dove acqua e
soldini di certo non servivano più.
La notizia mi straziò l’anima e provai
intimamente un pizzico di colpevolezza per quella imprevedibile fine.
Non avrei concluso granché con la
mia abbondante e incerta carità, ma avrei risparmiato all'animo mio quest’altro
rammarico, che si aggiungeva al dolore per la perdita immatura del ragazzo, già
abbastanza provato da tanti dolori, principalmente dalla crudele precoce dipartita
dei suoi genitori.
A oltre trent'anni da quell'imprevedibile
evento, nel mio animo resta ancora una piccola ferita che pur non essendo sanguinante,
ha lasciato un incancellabile segno: tant'è che ancora ne parlo con viva sofferenza.