mercoledì 22 giugno 2011

U PONTI CARAMANNA

Fino a qualche decennio fa era indicato con tale nome un comunissimo ponte con rispettivo parapetto che convogliava le acque della via Capponi nella via Mastro Silvestre e di qui al vallone di Santo Rocco. Quando questa via fu raccordata al livello di corso Garibaldi non ci fu più motivo di mantenere la parte in muratura. Laddove le acque svoltavano a destra seguendo il loro naturale pendio, a sinistra aveva inizio l'irta trazzera detta della figuredda. All’edicola sacra ancora esistente nei pressi dell’odierno  campo sportivo seguiva una seconda figuredda in cima alla salita e a sinistra sulla strada provinciale per Villapriolo, e non solo, ma per Alimena (Armena) e le Petralie tutta la zona delle Madonie e a nord-est, Cacchiamo (Guacchiamu), Villadoro (Passariddu), Nicosia (Nicusì)...
Queste due figurelle, oggi pressoché ignorate, non erano casuali, erano il riferimento votivo della religiosità di lavoratori minerari e agricoli che vi transitavano. Nella nostra epoca dell’automobile la vecchia trazzera oggi è diventata carrozzabile ma rimane poco frequentata. In antico era un'arteria molto trafficata specialmente in due cruciali momenti della giornata, alba e tramonto, esclusa la domenica e le feste comandate. Al primo albore del giorno e ancor prima che sorgesse il sole vi s'arrampicava una massa umana di capumastri, pirriatura, armatura, arditura, scarcaraturi, panuttara, seguiti da una frotta di carusi, mal coperti, malnutriti, scavusi e 'nchiagati di rusuli; tutti insieme si avviavano alle numerosissime miniere di zolfo che sorgevano intorno a Respica-Giurfo, con predominanza nella zona est della montagna. Poco più tardi erano i viddrani, in numero inferiore, che salivano per l’erta fangosa o polverosa a seconda della stagione per raggiungere Pampiniddru, l’Ariazza, u Vigliu, u Giurfu...
Se un tempo San Calogero era il limite estremo dell’abitato, il ponte Caramanna aveva pure una certa rilevanza in paese perché ne segnava la periferia per quanto riguarda il lato nord, infatti a parte qualche casa sul corso, alle spalle c’erano campi coltivati.
Non ho conosciuto Caramanna, né ho avuta notizia da parte di anziani che ne abbiano avuto un solo ricordo. Era usanza nei tempi passati che si dessero nomi alla strade a seconda del borghese o politico più ragguardevole che vi abitasse. Per fare un solo esempio che potrebbe sembrare improprio, la via Milano non è dedicata al capoluogo lombardo ma ad una famiglia di cui ho conosciuto un solo rappresentante, don Ciccio. Un altro rappresentante dei Milano fu più volte sindaco di Villarosa.
Voglio rappresentare un piccolo evento di cui sono stato involontario testimone una ventina d’anni fa. Tornavo da scuola a piedi, come è mio costume da sempre, era l’ora di pranzo e i marciapiedi del corso Garibaldi erano quasi deserti; avevo appena superato la traversa di via Mastro Silvestre, quando si accostò al marciapiedi un’auto; il giovane che era alla guida mi apostrofò molto gentilmente e mi chiese dove si trovasse il ponte Caramanna. Risposi che lo avevano attraversato da pochi metri. Precisai che qualche decennio prima era stato eliminato il parapetto che lo rendeva visibile. Accanto al guidatore era seduta un’anziana signora che mi sorrise e mi disse: - Caramanna era mio nonno.
Ringraziarono, salutarono e l’auto, targata Ragusa, proseguì la marcia in direzione Palermo.

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