mercoledì 22 dicembre 2010

I LUTTI DI GIUFÀ

Anche i Giufà possono trovare moglie, il nostro non fu di meno. La prescelta bella non era ma nemmeno brutta; per il resto era come le mogli in genere, sempre scontenta, pronta a lamentarsi, a pretendere dal povero cristo ciò che non sapeva o non poteva offrirle, ma pur sempre risultò una valida compagna di vita.
Un giorno la poveretta venne meno, stroncata da un infarto. Giufà ne fu tanto dispiaciuto da restare bloccato al punto che non riuscì a tirar fuori nemmeno un gemito o una minuscola lacrima.
Nondimeno non gli mancò il conforto di parenti, amici e vicini di casa; lo andavano a trovare a tutte le ore cercando di confortarlo in quel momento delicato della sua esistenza.
Passato il lutto i visitatori non si fecero più vedere, anche perché credevano che la perdita per Giufà non doveva essere stata percepita come fatto grave per via del suo dolore per nulla manifestato come da comprensibile previsione.
Una mattina all'alba Giufà s’alzò per andare a lavorare nel suo campicello, quando trovò il suo asino stecchito ai piedi della mangiatoia: era morto senza un’apparente causa.
Giufà innanzi alla triste realtà cominciò a strillare tanto che svegliò tutti gli abitanti del quartiere.
Accorsero in molti non sapendo cos’era capitato al loro vicino, ma quando appresero della dipartita del quadrupede, se ne dispiacquero molto, ma nello stesso tempo fecero presente che non era il caso di creare tutto quel putiferio e interrompere il meritato riposo a tanti lavoratori che si sfiancavano per tutto il santo giorno nei campi e nelle miniere.
La cosa non finì lì. I pianti del povero Giufà non accennavano col tempo ad affievolirsi, anzi erano una lagna continua che non aveva tregua.
Una mattina di conserto alcuni dei più prossimi, esasperati da un più lungo piagnisteo iniziato nel cuore della notte e che si protraeva ancora, si presentarono alla porta dell'inconsolabile e gli rinfacciarono senza mezzi termini che una sola lacrima non uscì dai suoi occhi per la perdita della compagna della sua vita e che nemmeno un comprensibile singhiozzo fu sentito al funerale... 
Ora invece...
Giufà ancora singhiozzante alzò gli occhi, puntò col dito contro a quelli che gli stavano di fronte e sbottò: - Sì, àiu caputu ca tannu tutti vinìvavu ppo vustru tornacunto.
Tu – indicando il più prossimo - ddra vota m'ammuttavatu a fàrimi maritari a to' cugnata, a sciancata.
Poi indicando un altro: - Tu m'infunciavatu a to' suru ca jè cchiù brutta do piccatu murtali.
E infine al più anziano dei tre: - Vossì ammèci mi vuliva chiantari n' testa na bedda pariglia di trispa, dànnumi a so' figlia c' à statu u spassu di tutta la cuntrata…
Ora ca m’ha murtu u sciccariddru, ca iè tutta a vita mi’, nun cc’è un crastu ca dici accattamuccinni unu a stu puviriddru.
All' unisono i vicini girarono i tacchi e si allontanarono esclamando: 
- Sempri diddru jè!… Sempri diddru jè!...

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