martedì 11 dicembre 2012

COSA DI FEMMINE


Da qualche tempo, soprattutto nella Rete, si parla della non presenza di bidet nei bagni di molti Paese nordici; nella sua stessa patria, la Francia, il “cavalluccio”, traduzione letterale del termine, è alquanto raro.

Questa presunta “anomalia” nordica induce frettolosamente molti giovani a concludere che noi in Italia siamo più puliti delle suddette popolazioni.

Non sono in grado di dare una risposta indubbia, ma di certo tale argomentazione avrà senz’altro una spiegazione diversa da quella sbrigativamente fornita: ad esempio il bidè sarà stato sostituito con l’uso più frequente della doccia, come del resto ci si va orientando in tal senso da noi.

Questa oziosa disputa m’ha fatto scoperchiare il relitto antico, quasi del tutto seppellito dalla polvere del tempo, d’un banale episodio riferitomi oltre sessant’anni fa da un mio coetaneo ex seminarista.
Nel secondo dopoguerra ci fu nel nostro paese un’ondata di vocazioni sacerdotali; quasi una ventina di ragazzi entrò nel Seminario vescovile di Piazza Armerina. Per dare un curioso resoconto dell’esito di tali numerose inclinazioni preciso che di tutti costoro solo uno, il parroco Salvatore Stagno, prese i voti.
In casa di uno di tali giovanissimi seminaristi, chiamiamolo per tutelarne la privacy Pinuzzu, avvenne un lieto avvenimento al cui festeggiamento il chierichetto non poteva mancare. Per quei tempi averlo a casa era un vero problema per la frequenza scolastica, per la scarsità dei mezzi di trasporto e per le possibilità finanziarie alquanto ristrette per poter consentire il noleggio doppio d’un taxi.
La madre di Pinuzzu volle provare a parlarne col parroco del tempo, monsignore Luigi Scelfo,  fratello maggiore dell’ingegnere Antonio fondatore dell’ancora famosa società di autolinee, la SAIS.
Il problema, che appariva difficoltoso, fu risolto con agevolezza da “monsignorino”, così era chiamato dagli anziani di Villarosa il parroco Scelfo, persino quand’era avanti negli anni quando lo conobbi io. Proprio per quei giorni il presule era stato convocato dal Vescovo e quindi gli fu facile riportare il ragazzo a casa, e per giunta senza spesa.

Al ritorno, al cambio di corriera ad Enna, il parroco sentì il dovere e il piacere di far vista al fratello e ai nipoti. Pinuzzu durante la sosta in quella abitazione, splendida per lui perché non aveva mai visto di meglio, sentì impellente la necessità di fare pipì. Aveva messo in conto di rimandare il bisognino fino a casa sua, ma calcolò che non ce la poteva fare, così si fece coraggio e arrossendo in volto dichiarò il suo stato di disagio al suo esimio accompagnatore.

Il giovane, entrato in quel che si attendeva un ottimo gabinetto, restò doppiamente abbacinato dal luminoso locale grande come una stanza di lusso rivestita di maioliche e arricchita di mastodontici  pezzi di porcellana sormontati d’abbondanti  e luccicanti cromature.
Non aveva mai visto un locale così ricco di componenti: un lavabo di porcellana troppo mastodontico per lui che era abituato alla bacinella di lamiera smaltata; una vasca da bagno seconda in grandezza solamente “a brivatura”; un water bianco e lucido che emergeva dal pavimento, eccezionale per lui che il cesso in casa l’aveva a livello di pavimento vicino all’uscio, già tanto per lui perché lo faceva  sentire un privilegiato rispetto a quanti, ed erano numerosi, facevano i bisogni intimi nell’orinale per poi svuotarlo all’esterno; una doccia circondata da pannelli di vetro martellato e poi tante tovaglie di lusso appese alle mattonelle di maiolica ricche di decorazioni.

D’ognuno dei pezzi riuscì ad interpretarne la destinazione, restò attonito invece dinnanzi ad un elemento di porcellana più basso degli altri a cui non sapeva attribuire l’uso. Inoltre, in esso come pure negli altri visti poco prima, giudicò uno spreco inutile la presenza di due rubinetti in un solo componente di ceramica, non immaginando minimamente che in uno dei due rubinetti potesse scorrere acqua calda.

Confuso e stordito dalla enorme quantità del genere di roba mai vista non s’avvide del tempo che trascorreva, tanto che monsignore temendo che il ragazzo fosse stato colto da qualche imprevisto problema fisiologico, decise d’entrare: lo trovò perplesso dinnanzi al pezzo per lui indecifrabile.

Pinuzzu appena s’avvide della presenza del suo parroco, indicò l’oggetto della sua curiosità e gli chiese cosa fosse.
“Monsignorino” pose delicatamente le sue mani all’apice delle spalle del chierichetto e avviandolo verso l’uscio disse:
 - Cosa di femmine.

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