Questa foto fu scattata il 22 febbraio 2006, giorni prima d'essere stata coperta dalla malta cementizia della facciata; la scritta originaria fu apposta tra maggio e primi di giugno del 1953.
Questa foto in bianco nero è stata scattata da ignoto nei giorni della Fiera del 1953
Chiamatela bazzecola o inezia; giudicatela come volete, ma intendo
parlare di una trascurabilissima scritta che resistette per circa sessant’anni,
oggi sepolta dalla spessa malta cementizia che copre la facciata dell’ex
negozio dei Tornabene. Essa, sepolta, è sempre là pronta a risorgere, ci
giurerei, anche se, quando ciò dovesse avvenire, io di certo non sarò più in
grado di leggerla.
Primavera 1953, elezioni politiche. La D.C. e suoi alleati
avevano fatto passare nei due rami del Parlamento una legge che prevedeva un
forte premio di maggioranza alla coalizione che avesse raggiunto una certa
percentuale per assicurare all’Italia una più piena governabilità, o, come
sostenevano gli avversari, secondo la loro convenienza di assicurarsi una forma
di larvata autocrazia. I partiti di sinistra, P.C.I. in testa, si opposero
risolutamente a quel progetto combattendo una dura campagna elettorale, senza
esclusione di colpi. La coalizione alla quale la D.C. faceva da capo fila ebbe sì
la maggioranza, ma il dispositivo predisposto, per volere degli elettori, non
arrivò al quorum previsto e il
sistema proporzionale rimase in vigore.
Sul Corso Garibaldi a
fianco del negozio della buonanima di Totò Tornabene, gli oppositori alla legge
nei giorni precedenti all’elezione avevano scritto con smalto rosso “ʍ la legge truffa”.
Il Tornabene, democristiano fervente, l’indomani della
vittoria monca della D.C. perché sul maggioritario aveva dato ragione ai
comunisti che lo chiamavano “legge truffa”, cancellò la scritta, come si rileva
dalla seconda foto in bianco nero sopra riprodotta.
Alla luce della lunga storia di questa iscrizione ho
ragione di ritenere che qualche comunista avrà scelto quel posto propriamente
per provocare l’acceso democristiano.
Senz’altro non avrei pensato a
questa sciocchezzuola se il caso non mi abbia fatto posare gli occhi sulla foto
bianconero, tratta dal sito www.villarosani.it, nella quale appare ben visibile la “storica”
cancellatura in bianco a destra dell’ingresso al negozio del Tornabene, tra la porta
principale e la futura seconda prevista per via dell’arco soprastante. La data
in cui fu scattata la foto, Festa Patronale, 1953, è incontrastabile: se essa
fosse stata ripresa in un successivo agosto, vedremmo su quella specie di
marciapiede i virgulti degli alberi che saranno piantati nel successivo inverno
del 1954. La campagna elettorale di quel 1953 fu molto aspra e grintosa, io ne
fui estraneo perché allora era soltanto un diciannovenne e il diritto al voto
per la Camera dei Deputati era concesso, in quel tempo, a quanti avevano
compiuto i ventuno anni. Ricordo bene però le polemiche, i comizi dai toni
infocati durante i quali si attaccava per lo più il maggior partito, la D.C.
Ritengo che il caro Totò, scornato dall’esito semi gradevole
di quella campagna elettorale, avrà ritinto la scritta subito dopo la vittoria
mutilata del suo partito, per non lasciare traccia di quella sconfitta morale e
per non dare eccessiva soddisfazione allo sconosciuto, o forse al ben
ipotizzato avversario politico, autore della provocatoria scritta.
Le mie ipotesi naturalmente si sono affermate nel corso dei
successivi decenni, per via del fatto che la copertura in bianco ripassata più
volte sulla frase scritta in ottimo smalto rosso, di tanto in tanto lasciava scivolare
il colore bianco, proponendo l’originaria resistente iscrizione.
Quante volte si sia ripetuta la cancellatura nel lungo
corso dei decenni, io non sono in grado di precisarlo.
Quando il povero Totò venne a mancare alla sua famiglia, il
figlio Enzo, di certo all’oscuro di queste antiche schermaglie, non si curò per
nulla di quella scritta apposta in tempi in cui egli era stato sicuramente un
lattante.
Una mattina di qualche anno fa, io mi trovavo a passare di lì
mentre Enzo era accanto alla porta del suo esercizio. Io attratto ancora dalla
vivezza di quell’indelebile rosso, mi soffermai a chiacchierare con lui e gli accennai
l’antica storia della scritta murale. Mentre mi accingevo ad andar via,
aggiunsi, tanto per dire qualcosa, che la resistente antica frase meritava
d’essere fotografata. Al che Enzo mi disse: - Se proprio le interessa si
affretti perché fra pochi giorni sarà rifatto il prospetto del negozio e di
questa scritta non rimarrà niente.
Qualche giorno dopo uscii da casa con la macchina fotografica
e scattai la foto sopra riprodotta, la data dal file grafico porta la data
24-02-2006.
La storiella finisce qui, ma il significato politico della
scritta rimane sempre attuale, perché in questo nostro Paese una continuità
politica non l’abbiamo mai vissuta. Abbiamo conosciuto il cosiddetto
“Mattarellum”, poi il “Porcellum”, per addolcire il termine usato dal suo
stesso autore, che in verità l’aveva battezzato “Porcata”…
E siamo sempre lì. Non s’è potuto mai formare in Italia un
governo compatto che potesse essere in grado di applicare il suo programma
annunciato al popolo e potere completare a pieno i naturali cinque anni della
legislatura.
È vero che la storia non si fa con i “se”: ma chissà se,
diversamente, ci saremmo abituati da decenni a un decoroso sistema, presente in
quasi tutti i Paesi di democrazia avanzata, invece di agitarci tra le vorticose
onde che minacciano sempre più di sommergerci.
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