A POCHE ORE DELLA MIA PUBBLICAZIONE DEL POST SU
SALVATORE D’ALBERTO, MEGLIO NOTO COME TURIDDU CINCHILIRI, L’AMICO GIACOMO
LISACCHI HA SENTITO IL DOVERE DI AGGIUNGERE PARTICOLARI NON TRASCURABILI
SULL’ESISTENZA DEL NOSTRO CONCITTADINO.
Caro Tino, ho letto con molto piacere, così come gli
altri, il tuo ultimo scritto dal titolo “Quel che mi insegnò Salvatore
D’Alberto”. Ebbene, quello che i villarosani ritenevano un ‘relitto umano’ oggi
si trova ospite in una casa di riposo di Mazzarino gestita da suore dove
finalmente ha trovato quell’amore forse negato nella sua Villarosa. Quella
Villarosa che nonostante non lo riconoscesse come ‘creatura umana’ a lui invece
è rimasta nel cuore e nella mente. “Purtatimi a Villarosa, purtatimi o me
paisi”- ci invocò per tutto il tempo che siamo stati con lui, qualche anno fa,
quando lo andammo a trovare io, Gabriele Zaffora, Piergiovanni Zaffora e padre
Giulio Scuvera di Butera, scomparso un anno fa. Fu una visita improvvisa e
fatta per caso perchè trovandoci in quella cittadina nissena venne in mente a
Piergiovanni che se non ricordava male forse in una casa di riposo doveva
esserci ‘Turiddu Cinchiliri’. Decidemmo di andare a verificare e in effetti era
lì. Siamo rimasti contenti per come l’abbiamo trovato: era vestito bene e
coccolato dalle suore che lo accudiscono. E non possiamo dire che era stato
preparato anche perchè siamo arrivati all’improvviso. Siamo stati con lui per
più di un’ora e nonostante Piergiovanni cercava di fargli ricordare qualcosa
del passato, lui ripeteva continuamente: “Purtatimi a Villarosa, purtatimi o me
paisi”. E non ha smesso neanche davanti ai dolcini che nel frattempo Gabriele
era andato a comprare offrendoli a tutta la comunità.
Segue
il mio ringraziamento in risposta e l’aggiunta di un piccolo episodio di oltre
cinquanta anni fa, da cui si evince che Turiddu era capace di essere uomo di
spirito e stare al gioco dei grandi:
La tua nota m'ha fatto gran piacere. Ero impacciato
nell'atto di preparare il post sulla sorte di Turiddu di cui non avevo notizia
da gran tempo e mi sembrava fuor di luogo chiedere ai parenti notizie
sull'esistenza del congiunto. Ancora la vostra osservazione di Turiddu vestito
degnamente mi porta lontano ad un banale episodio molto significativo.
A cavallo fra gli anni '50 e '60 dove oggi sorge il
bar Leone c'era un negozio di abbigliamento gestito dalla buon'anima di Nino
Patti, prima che si trasferisse a Calascibetta. Non so chi fra gli amici ebbe
l'idea di far mettere in vetrina vestito con un completo di classe il nostro
tormentato concittadino. Egli capì e recitò perfettamente la sua parte; molti
passanti distratti non s’accorsero neanche del personaggio che faceva da
manichino. Stette immobile gran parte del pomeriggio e della prima serata senza
dar segno della minima insofferenza: aveva capito e portato a termine il suo
ruolo con intelligenza e fermezza di nervi.
Il commento serio di quanti ci fermammo era che
Turiddu sapeva recitare con intelligenza un’ impegnativa parte senza contropartita
e con spirito e autocontrollo. Una persona strana non avrebbe sopportato e
capito lo scherzo che si stava realizzando.
L’altro commento più comune fu: “Visti furcuni ca pari baruni”
Scoprimmo che u
furcuni aveva un cervello e senso dell’umorismo che a molti boriosi manca.
Altra osservazione: come la maggioranza degli
anziani in casa di riposo desiderano tornare alla loro abitazione: Turiddu al
suo paese, che buono con lui non fu.
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