Cu ha cucinatu scucinassi, ca a festa non si fa cchiù!
Da sempre gli sguardi sono
stati il primario mezzo per esprimere una simpatia amorosa.
Capitava però che per i più
svariati motivi, quali il temuto venir meno di un sicuro introito monetario o
l'aspettare che prima si sposasse qualche signorina di casa, facevano indugiare
i genitori nel dare via libera al giovane, che coltivava da tempo una simpatia,
a loro ben nota.
Per l'appunto in ciascuno dei
due casi, che vado a esporre qui di seguito, esisteva nelle rispettive famiglie
una matura donna che negli anni a venire non ebbe la ventura di sposarsi.
A sua volta le ragazze destinatarie
delle significative occhiate d'intesa erano in fervida attesa sperando che da
un giorno all'altro quella vaga simpatia divenisse reale con un passo ufficiale
della famiglia dell'innamorato.
Tanto purtroppo spesso non
avveniva: in certi casi, di anno in anno, rimaneva soltanto una vaga speranza
che rischiava di non potersi mai realizzare.
Molte di tali situazioni,
spesse volte, come nei due casi in
questione, finivano con lo sbloccarsi per mezzo della casuale e involontaria
intrusione di un altro giovane, che, desideroso di crearsi una famiglia, si
faceva avanti senza poter minimamente immaginare che con la sua improvvisa e
ignara presenza egli finiva con l'acquisire l'involontario ruolo di "chiama quagli", a favore dello sconosciuto antagonista, senza risolutezza.
Questi, che non aveva avuto da gran tempo l'ardire di rompere ogni indugio con
i propri familiari e di dichiararsi apertamente con la sua amata, per mezzo dell'involontario
gesto del terzo intruso finisce col vincere la sua lunga battaglia: di contro,
l'ignaro "specchietto per le allodole", che aveva procurato la bella
soluzione d'amore allo sconosciuto pusillanime, al posto d'un meritato
ringraziamento, finiva con l'insaccare una pubblica beffa.
La prima storia riguarda un
nostro parente, maresciallo d'aviazione di
carriera, rientrato a casa a guerra finita.
Questi si consigliò con i
parenti più prossimi per avere qualche indicazione al fine di far "rumpiri u scaluni" di una famiglia
in cui ci fosse libera una ragazza carina e di buoni costumi.
In tali casi a farsi avanti
per saggiare il "terreno" ci si serviva di un "massaggiri" che, a nome della famiglia di chi vuol
mettere su casa, sondava la disponibilità dei genitori della signorina ad
accettare come sposo il giovane per il quale si faceva avanti.
Prima di fare questo passo ufficioso
l' aspirante fidanzato era stato informato da parenti e amici intimi della
serietà mostrata in paese dalla ragazza, ovviamente questi ultimi non erano a
conoscenza della precedente segreta relazione, che si era nutrita per lo più di
furtivi ed eloquenti sguardi. Poi, in compagnia di un amico, passava e ripassava
nei pressi dell' abitazione della signorina, con la vogliosa speranza di
vederla al balcone o sulla strada.
In questo modo però non era
facile raggiungere un pieno obiettivo; più semplice e fruttuoso era invece il sistema
della messa domenicale: conoscendone l'ora preferita, nel tragitto da casa in
chiesa e nell'altro di ritorno, si poteva ben valutare tutta una serie doti
fisiche, compreso il portamento in generale; poi, l' andatura, lo stile e il
gusto nell' abbigliamento.
Il nostro parente aveva
trovato tutto positivo nella serie d'esami riservatamente effettuati.
Un amico comune alle due
famiglie si prestò a fare da intermediario; qualche giorno dopo, un lunedì,
riportò l'esito positivo della benevola accoglienza della proposta di
fidanzamento ufficiale, proponendo, come possibile giorno dell'incontro delle
due famiglie, quello ch'era chiamato "u
nzingu", il successivo sabato sera.
I giorni che precedettero
l'attesa serata nelle nostre famiglie ci fu un certo fermento nello scegliere i
vestiti e anche il piacere di imparentarci con una famiglia con la quale c'era
sempre stata stima e amichevole rapporto.
La sera del sabato tanto
atteso giunse; tutta la nostra famigliola mpupata
s'avviò verso l'abitazione della promessa morosa, subito dopo l'ingresso dello
scattante accettato fidanzato e dei parenti suoi più prossimi. Noi trovammo i familiari
della ragazza pronti ad accoglierci e non ci fu bisogno di presentazioni perché
erano tutte vecchie conoscenze. Io tredicenne trovai ragazzi della mia età con
i quali intrecciammo immediatamente un cordiale rapporto.
Poco dopo arrivò
un'orchestrina di quelle che in quel tempo si formavano con facilità nei paesi,
sempre pronte per ogni gioiosa situazione.
Aprirono il ballo gli
applauditissimi fidanzati; seguirono ad esibirsi le altre coppie e le ore trascorsero
veloci e serene, fin oltre la mezzanotte.
Stanchi, ma raggianti per
l'avvenimento conclusosi, a malincuore lasciammo la sala e tornati a casa, ci
assopimmo nei rispettivi letti senza pensieri perché il giorno seguente era
domenica.
Il mattino seguente verso
mezzogiorno giunse a casa nostra la zia S., mamma del neo fidanzato, che
comunicò qualcosa con bisbigli a mia madre, la quale, benché allora fosse
ancora giovane, s'aggrappò alla spalliera d'una sedia per non cadere.
La zia andò di fretta perché aveva
da fare tante altre visite, altrettanto veloci.
La mamma, smunta in viso,
comunicò a nonna e papà, in mia presenza, che il fidanzamento della sera prima
se lo erano rimangiato: era successo che un maturo bottegaio di fuori rione,
senza genitori e con una sorella maggiore in casa, aveva incaricato un amico, a
fine festa e quindi in ora notturna, il pensiero del suo mandante in merito
all'amore coltivato da gran tempo. Ovviamente la ragazza, improvvisamente vide
realizzare il suo sogno che coltivava da qualche anno. Si seppe in seguito che
i genitori non erano d'accordo a fare questa figuraccia con la famiglia beffata
e con il resto del paese, ma dovettero cedere a seguito della forte insistenza
della figliola che arrivò persino a minacciare immani pazzie.
Anche mio zio A., acquisito in
famiglia perché aveva sposato la sorella di mia madre, era stato invitato come
noi con tutta la famiglia al fidanzamento andato in fumo. Egli però non poteva
minimamente immaginare che l'analoga sorte del cugino maresciallo doveva
toccare al figlio di una sua sorella, dopo soli pochi mesi del precedente analogo
smacco.
Questa volta la nostra
famiglia non fu presente al nuovo "nzingu"
in quanto noi non eravamo diretti parenti col giovane che andava a fidanzarsi.
Tutto quello che ora segue ci
fu raccontato pienamente dallo zio A.
Anche stavolta c'è in argomento
un occulto pretendente che per tanto tempo non s'era fatto avanti: ora si trattava di un vicino di casa, nella cui famiglia l'analoga coincidenza della presenza di
una sorella maggiore nubile.
"U
nzingu" per qualche ora risultò brillante alla pari di quello a cui
fummo anche noi invitati poco tempo prima, in più c'era che all'analoga orchestrina
s'era aggiunto un giovane cantante che sapeva ben vivacizzare l'atmosfera.
Dopo qualche ora cominciò a
percepirsi un malcelato rimescolio di voci tra alcune persone a cui non si fece
grande caso: si ritenne che a qualcuno fosse sopravvenuto un leggero malessere
e per questo motivo lo accompagnavano a casa.
La leggera confusione interna
si spiegò diversamente fra i parenti della ragazza che erano di già a
conoscenza dell'antica tresca. Questa si manifestava ora senza freni e con un
subbuglio scoppiato con notevole veemenza in un'abitazione vicina, a molti
metri di distanza e alle spalle della stanza del festino, che guardava alla via
principale: il primo pretendente della ragazza aveva rotto ogni remora e aveva inscenata
una chiazzata casalinga, che travalicava i muri di casa e di conseguenza era seguita
con viva e curiosa partecipazione dai limitrofi.
In un certo momento la
festeggiata di fidanzamento si allontanò per un po' dalla sala e quando vi
rientrò si notava in lei un qualcosa di strano, su cui non si ritenne opportuno
ancora una volta d' approfondire.
Alla ripresa di una breve
pausa della musica, di poco erano trascorse le ore 23, il giovane cantante al
suo repertorio inserì, tra il serio e il faceto, una canzoncina che dallo zio
ci fu riferita soltanto nelle poche parole ora citate, che io non avevo mai
sentito, né ascoltate mai più in seguito:
"Amici cari buonanotte,
le corde si son
rotte,
non si può suonare più…"
Molti giudicarono scherzose
quelle parole, tenendo conto che durante tali feste, quasi per norma, si
oltrepassava sempre la mezzanotte.
Gli ottimismi sugli sviluppi
successivi alla serata, crollarono di schianto quando il mattino seguente il
mediatore bussò alla porta del fresco fidanzato per annunciare che u nzingu era da ritenersi come mai
avvenuto.
Tutti i parenti, gli amici
personali di famiglia e persino i ragazzi ne furono fortemente rattristati.
Qualcuno scherzandoci sopra,
ma molto amaramente, ebbe a citare un comune detto faceto, sia pure insensato:
- Cu ha cucinatu scucinassi,
ca a festa non si fa cchiù!
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